Sunday, 14 March 2010

π = 3,14

La tierra giró para acercarnos,
giró sobre sí misma y en nosotros,
hasta juntarnos por fin en este sueño,
como fue escrito en el Simposio.
(Eugenio Montejo, Venezuela, 1938)

π

Il 14 marzo è il giorno del pigreco, come sottolinea anche Google. Il 14 marzo è un giorno particolare, speciale, per me. In cui i cerchi che erano andati disegnandosi si sono in qualche modo chiusi, con una maestria degna di Giotto. Ci si erano messe delusioni molteplici, sbronze salingeriane, confusione mentale e di vita che non credo avessero avuto pari prima. Fino a che qualcuno non mi prese di peso e mi costrinse a mettermi su quei binari che avrebbero rimesso la mia vita in carreggiata. Ormai stanco e stufo di cercare, di soffrire, rassegnato. Eppure sceso dal treno alla Stazione Tiburtina, I saw a pair of brown eyes that was looking for me. Fu un weekend di gioia e di qualche preoccupazione, e di scoperta, soprattutto. Al ritorno mi portai dietro una sensazione strana, ma positiva, something strange, but harmless.

Un anno fa celebrammo insieme, in una Stazione Tiburtina deserta, in cui c'eravamo soltanto io e Lei. Lacrime calde, per entrambi, lacrime di felicità, e preghiere al cielo di tenerci uniti come aveva fatto fino a quel momento. Tiburtina la stan rifacendo nuova e, nei miei viaggi a Roma, l'ho vista pian piano crollare. Prima l'orologio fissato sulla mezzanotte, poi i cantieri, la stazione vuota, poi le macerie. Oggi, 14 marzo, san Pigreco martire, a Tiburtina facevano brillare una bomba rimasta inesplosa dalla Seconda Guerra Mondiale. E mi fa ripensare a quello che bolliva dentro a due cuori e che è esploso il 14 marzo di due anni prima, con una miccia lunga 600 km, innescatasi a Milano Centrale. Stazioni, quante, nella nostra storia, da Centrale a Tiburtina, da SMN a Siena, Verona, Latina, Termini, Avezzano, Ciampino...

Hanno evacuato quattromila persone per far brillare l'ordigno bellico a Tiburtina. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo mosso due squadre di rugby, una combriccola di amici, un tavolo della cucina, un tiramisù, salsicce, arrosticini e pizze, tifosi scozzesi, birre, amari e limoncelli, parchimetri, parcometri, sanpietrini, i James e i Beatles, i Clash e i Ramones, una sciarpa di Italia-Scozia, una Trabant giocattolo, un profumo al kiwi, il Tevere, il Colosseo e persino Spud. La tierra giró para acercarnos...

***

Visto che la terra continua da due anni a girare per portarci vicino, fisicamente o nella mente, oggi il Suo lettore mp3 ha fatto partire questa canzone, che abbiamo sentito entrambi esattamente due anni fa per la prima volta. La prima sera passata insieme, in un pub, ognuno preoccupato del fatto che l'altro potesse non essere interessato. Poco dopo ci trovammo a parlare, e decidemmo che noi, noi volevamo fare quello che ci pareva, e ci andava di andare al Colosseo. Cosa che ci diede un primo indizio di quello che era in procinto di succedere. Non sapevo come si intitolava quella canzone, dovetti chiedere a uno scozzese il nome del gruppo. Erano i James, e la canzone, scoprii più tardi, si chiamava Getting Away With It (All Messed Up).


Saturday, 13 March 2010

Thanklessly struggling

Life just isn't like the movies, is it? You know, we're constantly led to believe in resolution, in the reestablishment of the ideal status quo, and this is just not true. Happy endings are a myth designed to make us feel better about the fact that life is just a thankless struggle.
(Spaced - puntata 7 della prima serie, Ends)

Morning. Fuckin' phone awakes me. "We've got a contract for you to sign". Fuckin' aye! Entusiasmo, eccitazione, ansia, emozione, mentre apro il contratto allegato all'email. Un'eccitazione violentemente effimera, destinata a spegnersi ben presto nell'impatto con il muro della realtà. I numeri tendono sempre a fare male. No, non per forza, ma questo mi ha fatto male. Otto lordi, una cifra capace di spegnere l'entusiasmo di chi con un entusiasmo probabilmente esagerato si era avvicinato a questa avventura. Certo, lo sapevo che quello in cui mi sono buttato è un mondo di sfruttamento indecente, ma perfino le mie più fosche previsioni non erano riuscite ad arrivare a tanto. A essere ottimisti lo si piglia in quel posto. Rabbia e delusione, a rimuginare su un colloquio fatto, sulla parola entusiasmo. E pensare che se il lavoro dei giovani è avere entusiasmo, quello dei vecchi è farlo perdere ai giovani.

Poi mi riprendo, penso ad altre cose, impegno la giornata. La sera, capitano Teo trova le parole giuste: "Dai, hai il rugby, gli amici...queste cose servono a tirarti su". E mi tira su. Poi c'è Lei, come sempre, a coccolare le mie ferite, a darmi iniezioni di fiducia, a ripompare aria nelle mie gomme. A farmi sognare fughe in altri posti, un'altra vita, un paese che non sia sputtanato come questo.

Poi, l'altro schiaffo. Särskild behörighet saknas: requisiti specifici non soddisfatti. Uno sgambetto a un sogno di fuga, di libertà, di cambiamento, di un nuovo mondo. Pian piano torna l'idea che il suolo dal quale sono cresciuto è crudele e ormai infertile, e che sia il caso di mettere le ali e smetterla di inciampare e finire col muso a terra. Mi lascio cullare dai ricordi dolci della bufera di neve che ha colpito Siena pochi giorni fa, da quelle idee che mi facevano stare così al caldo. A Stazione Tiburtina (un posto dannatamente importante, in questo periodo dell'anno) hanno trovato una bomba della Seconda Guerra Mondiale, domani la faranno brillare, pare. Un'ordigno vecchio almeno 65 anni, 500 libbre di voglia di esplodere. Ecco, quanto tempo può restare quiescente un fuoco prima di esplodere, travolgere e sconvolgere tutto? Feel like a tickin' timebomb, ready to go off...where am I going?

***

Inizialmente volevo parlare solo di sfruttamento, e la canzone che avevo prescelto per questo post era Ten Million Slaves di Otis Taylor. Poi è arrivato l'altro schiaffo. E la malinconia dei vecchi Counting Crows, quando ancora non si erano sputtanati ovviamente, era proprio quello che mi serviva. E ho scelto Angels of the Silences, che in teoria avrebbe dovuto aprire questo mio blog quando l'ho pensato nella mia testa. Forse un giorno dirò a questa terra: Well, I guess you left me with some feathers in my hand, did it make it any easier to leave me where I stand?

Monday, 1 March 2010

Just sorry, mate...


A volte mi sembra di essere una brutta persona. Inadeguata, pigra, noncurante, cagacazzo, che chiede molto e non da nulla. Il guaio è che io ero convinto, anzi, convintissimo di essere una bella persona: uno che sapeva ascoltare, che avrebbe sempre avuto una buona parola per ognuno, che sarebbe riuscito a stare vicino ai suoi amici costi quel che costi. Ho cenato con alcune persone che facevan parte del mio mondo: Fede e Paolino, i miei ex-capitani, Dervo e Bruno, i miei ex-allenatori, Albertone, un vecchio compagno di squadra, e Vale, una ragazza della femminile con all'attivo una convocazione con la nazionale, che sta assieme a una persona con cui avevo un bel rapporto. Anzi, qualcosa di più, visto che noi due, e un'altra persona che ho citato in un altro intervento, ci sentivamo i tre fratelli tra i fratelli, brothers among brothers. Fratelli al quadrato. Sempre pronti a incoraggiarci l'un l'altro, sempre ultimi a tirar tardi in sede, indivisibili, affiatati.

Poi venne una situazione personale che squassò diversi equilibri, e poi il crollo di identità di una squadra, che ci catapultò lontani. Tre maglie diverse, non più la stessa. E parole non dette, e comportamenti incuranti, e parole dette senza pensare. Il grande gelo. Parlando di quanto successo, è venuto fuori che alla fine il santarellino Billie un po' si è comportato, senza nemmeno accorgersi, da stronzo. Tornando in macchina da Tradate (quanto tempo che non faccio più quella strada regolarmente) ci ho rimuginato su parecchio, sentendomi uno schifo d'uomo. Potrei nascondermi dietro a mille cose, dicendo che io stavo cercando di mettere equilibrio in una situazione difficile, o criticando comunque la reazione esagerata. Non sarebbe giusto. Mi sento una merda, e vorrei solo chiedere scusa. Per i chiarimenti su questo o quell'altro avvenimento, ci sarà, forse, tempo più avanti. So solo che ora capisco il raffreddamento di certi rapporti, e solo ora mi rendo conto che ho una responsabilità di gran lunga maggiore a quella che ho mai avuto il coraggio di ammettere.

Per quello, voglio solo chiedere scusa. Scusa per essermi comportato con noncuranza, senza nemmeno accorgermi che stavo ferendo una persona e che stavo inavvertitamente ponendo una graduatoria di valore a due amicizie. Scusa per essere stato così duro, per aver criticato senza prima rendermi conto della mia parte di torto, per non aver saputo perdonare certi comportamenti. Per essermi lasciato andare di fronte a una situazione di difficoltà per la nostra amicizia. Per non aver fatto nulla, per aver permesso al gelo di prendere piede. Per essermi arrogato la presunzione di giudicare, quando ero in fallo. Because I deserted you, my brother in arms.

***

Non poteva che essere questa la canzone di questo post, per l'ovvio rimando al nome della persona con cui mi voglio scusare. Get Down Moses di Joe Strummer & the Mescaleros, dal disco Streetcore. Dovevamo conquistare le Mura di Gerico, amico mio, e solo ora la verità si sta cristallizzando, come un gioiello nella roccia (We gotta take the Walls of Jericoh, goin' to the very top, where the truth crystallizes like jewels in the rock)